Domani

Domani sarebbe il giorno.

Oggi sarei dovuto andare in ufficio elettrizzato, perché domani avrei usato l'ultimo permesso studio per andare in piazza San Marco a lanciare il cappello, e scoprire la chioma brizzolata in mezzo a tanti ragazzi promettenti e giovani.

Domani sera ci sarà una super festa, con tanti invitati, e ci sarà qualcuno che cercherà di farmi ubriacare e dire un sacco di parolacce, facendomi leggere un papiro lungo, come lunga è stata la parte della mia vita che ho usato per laurearmi.

E dopodomani rimetterò un po' di ordine nello studio, buttando i vecchi appunti pieni di errori di segno di analisi I, e mettendo i libri in un ignorante ordine per dimensione.

Si istituisce il mese in cui costringo tutta la mia famiglia a darmi del lei e a chiamarmi Dottor Pagnin, e con un semplice click cambio nel sito aziendale il mio titolo da "diplomato" a "laureato", e: tramezzini siano!, per tutti i colleghi.

E poi torna tutto come prima, con la differenza che passerò i fine settimana con i miei figli, che per quanto si possono ricordare mi avevano sempre visto passare i sabati e le domeniche a studiare qualcosa.

Questo - parliamoci chiaro - è l'ultimo dei traguardi importanti della mia vita. Uno di quelli che ti occupano la testa per anni, e poi quando esci per l'ultima volta dalle mura dell'Università, ti domandi "e adesso?".

Immaginavo quella sensazione di spaesamento e libertà, fugace, perché si riempie subito con tutte le possibilità che si aprono nella vita; io volevo guardarmi indietro e dire "beh, anche questa è fatta, ora sono grande" e invece sono rintanato in casa a logorarmi, pensando a cosa sarebbe potuto essere e invece non sarà.

Questa laurea è così carica di significati, per me, e così desiderata, che ora sono triste, perché penso che il covid-19 mi ha rubato tutte queste emozioni. Guardo fuori, e vedo persone che muoiono e aziende che falliscono, e capisco che il mio problema è niente; ma se guardo dentro di me c'è un ragazzo un po' immaturo e pieno di energie, imbronciato che ripete "non è giusto".

Aspetto, e passo il tempo premendo F5, nella speranza che la pagina delle informazioni dell'università porti buone notizie. Ma per oggi non c'è zen, non c'è Cogli l'attimo, ci sono solo pensieri come nuvole scure che rovinano il picnic.

Questa laurea non s'ha da fare

Ormai la tesi è consegnata, corretta, sicuramente sulla stampa in mano alla relatrice c'è un numero che, assieme alla media dei miei esami, potrebbe già rappresentare il mio voto di laurea.

E invece siamo tutti rintanati in casa. Noi lavoratori, i nostri figli studenti, i nostri genitori, i nonni ancora vivi, tutti in casa, cercando di sfuggire al Covid-19.

Tutte le proclamazioni sono rimandate a data da destinarsi, che non è il problema più importante della nazione, questo è vero, però è importante per me.

Vedere una gaussiana nascere e svilupparsi in tempo reale, e pensare che i freddi numeri rappresentano vere persone che si ammalano e muoiono, fa una certa impressione.

Stiamo a casa. Resterò ignorante un paio di mesi in più, non cambia molto. Festeggeremo quando tutto questo sarà finito, sperando di essere ancora tutti qui. Non è un pensiero macabro, è realistico. Dobbiamo stare attenti.