Alan Turing è stato un underdog, per questo mi piace.
Quando Hilbert propose i suoi famosi problemi, i più grandi matematici del mondo si lanciarono nel tentativo di lasciare i loro nomi nei libri di matematica, ma poi fu uno sconosciuto "meccanico" a immaginare un sistema minimale per risolvere problemi.
Quando arruolarono a Bletchley Park schiere di esperti di crittografia, Turing sembrava un pesce a merenda. Tutti erano esperti di linguaggio, qualcuno di scacchi, qualcuno di cruciverba, nessun altro poteva immaginare di aggredire Enigma con la forza bruta. Il resto è storia nota: se non lo fosse, ci sono tanti libri e un bel riassunto cinematografico.
Purtroppo l'ultima sfida l'ha persa: Alan Turing contro l'ottusità, mista a ingratitudine, dei suoi stessi connazionali. Turing non era attrezzato per questo tipo di problema, non era decidibile nel senso in cui era abituato.
Nemmeno la sua testardaggine - la testardaggine di un maratoneta - gli hanno permesso di raggiungere una vecchiaia serena, in cui fare pacate raccomandazioni alle nuove generazioni. È morto così: costretto a scegliere tra la prigione e una cura di ormoni per un reato che non è una colpa; si è tolto la vita come Biancaneve, lasciando la sua nazione a fare da strega cattiva.
Strampalato, gay, atletico, strampalato, riservato, ingenuo e geniale, strampalato: questo è il padre dell'informatica, che ci tocca studiare a scuola e a cui siamo grati - tristemente - in definitivo ritardo.